Cambio di Destinazione d’uso

Cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante o urbanisticamente non rilevante

Il cambio di destinazione d’uso di un immobile regolarmente realizzato è regolato dall’articolo 23-ter rubricato “Mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante” del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) e da altri articoli dello stesso DPR:

  • l’articolo 3 rubricato “Definizione degli interventi edilizi” in cui al comma 1, lettera c) (modificato dall’articolo 65-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96) definisce gli “interventi di restauro e di risanamento conservativo” come “interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, anche  il  mutamento  delle  destinazioni d’uso purché con  tali  elementi  compatibili,  nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai  relativi piani attuativi”;
  • gli artt. 6, 10, 22 e 23 relativi ai titoli abilitativi necessari per realizzare i vari interventi.

La normativa definisce 5 categorie (art. 23-ter Testo Unico Edilizia DPR 380/01).

  1. A) residenziale: abitazioni di qualsiasi genere e natura. Sono comprese quelle utilizzate in modo promiscuo (abitazione – studio professionale o abitazione – affittacamere) quando la prevalente superficie dell’unità sia adibita ad uso abitativo;

A-bis) turistico-ricettiva: alberghi, residenze turistico-alberghiere, campeggi ed aree di sosta, nonché le altre attività a carattere essenzialmente ricettivo, come ostelli, e le altre attività extra-alberghiere;

  1. B) produttiva e direzionale: industrie, laboratori artigiani, corrieri, magazzini ed imprese edili, laboratori di riparazione e simili, officine e carrozzerie e in genere ogni attività finalizzata alla produzione di beni o servizi, oppure alla trasformazione di beni o materiali, anche quando comprendono, nella stessa unità, spazi destinati alla commercializzazione dei beni prodotti dall’azienda; banche, assicurazioni, sedi preposte alla direzione ed organizzazione di enti e società fornitrici di servizi, centri di ricerca,fiere, uffici privati e studi professionali in genere;
  2. C) commerciale: all’ingrosso, negozi di vicinato, media distribuzione, le attività commerciali di grande distribuzione, le attività commerciali all’ingrosso, i mercati, le esposizioni merceologiche e le attività di somministrazione di alimenti e bevande come ristoranti, bar, pub ecc;
  3. D) agricola e funzioni connesse ai sensi di legge: produzione agraria, allevamento e forestazione, attività e servizi connessi e compatibili, campi coltivati, colture floro-vivaistiche, boschi, pascoli, abitazioni rurali, annessi agricoli e serre, costruzioni per allevamenti zootecnici, agriturismi, agri-campeggi.

Nel caso che l’unità fosse interessata da diverse destinazioni d’uso, si assegna quella prevalente in termini di superficie utile.

Cambio di destinazione d’uso rilevante.
È cambio destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, ogni forma di utilizzo dell’immobile diversa da quella originaria, con o senza opere, che comporti il passaggio ad una diversa categoria funzionale, come sopra indicate. Se si resta all’interno della stessa categoria, non è un mutamento di tipo rilevante.

Il cambio di destinazione d’uso è sempre ammesso a meno che:
– tu viva in un condominio e il regolamento condominiale vieti il cambio. Questo divieto è valido solo se il regolamento è di tipo contrattuale ovvero approvato con l’unanimità dei condomini.
 l’immobile non possegga le caratteristiche intrinseche obbligatorie per legge. In particolare, a seconda del tipo di destinazione d’uso, bisognerà rispettare precise prescrizioni igienico- sanitarie.  A titolo di esempio, gli ambienti residenziali devono rispettare delle superfici minime (bagno principale minimo 2,5 mq etc.) e i rapporti aero-illuminanti (cioè il rapporto tra le superfici finestrate e quelle dei locali).
– lo strumento urbanistico comunale indichi che sul tuo immobile non è possibile realizzare il cambio destinazione d’uso.

Quale pratica edilizia è necessaria? SCIA o Permesso di costruire?
Il cambio di destinazione d’uso, anche se attuato con lavori di modesta entità o senza opere, si configura come una ristrutturazione edilizia soggetta a Permesso di Costruire, in quanto, alla fine dell’intervento, l’organismo edilizio è diverso dal precedente. Il cambio d’uso, qualunque sia l’entità dei lavori, porta sempre alla ristrutturazione edilizia pesante.
Quindi, il cambio di destinazione d’uso ricade in RISTRUTTURAZIONE per cui occorre presentare in comune un Permesso a costruire. Questo, a meno che, il cambio avvenga nella stessa categoria (vedi sopra). Ad esempio, da pub a ristorante, per cui è possibile utilizzare la CILA Comunicazione Inizio Lavori Asseverata. Questo snellimento è stato introdotto dal DL Semplificazioni 2020.
Il cambio d’uso all’interno della stessa categoria è invece sempre ammesso.

Quando non basta la SCIA?
E’ evidente, quindi, che la mera SCIA non basta per i cambi di destinazione d’uso di un immobile da ritenere urbanisticamente rilevanti, cioè quelli su ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati a una diversa categoria funzionale tra quelle residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale e rurale.
Se cambio la destinazione d’uso di un garage in ufficio, o di un ristorante in negozio di abbigliamento, ad esempio, sia con opere che senza, mi servirà il permesso di costruire.
Normativa igienico-sanitaria e cambio destinazione d’uso
Esiste anche un altro motivo che potrebbe impedire di cambiare destinazione d’uso e si tratta delle norme igienico-sanitarie. Il geometra da te incaricato dovrà verificare (e provare) che anche dopo la modifica saranno presenti alcuni requisiti urbanistici richiesti dalla legge:

  • Rapporto aero-illuminante. È necessario rispettare il rapporto tra la superficie dei locali e le superfici finestrate.
  • Altezza minima di 2,70m. In questo caso occorre fare attenzione alle prescrizioni previste dai vari comuni, perché al di sopra dei 600m sul livello del mare, il limite in alcuni casi si abbassa a 2,40m.
  • Ricambi d’aria. Bisogna calcolare con esattezza i ricambi d’aria in base alle indicazioni della normativa UNI 10339.
  • Impianti. Deve essere garantito il rispetto delle norme che disciplinano tutti gli impianti della casa, dall’impianto elettrico a norma fino a quello di allontanamento delle acque reflue domestiche.

Una volta assicurato il rispetto alle norme igienico-sanitarie e in assenza di impedimenti di tipo urbanistico o comunale, si può procedere al cambio di destinazione d’uso.
Successivamente sarà necessario effettuare una comunicazione di variazione anche dal punto di vista catastale (aggiornamento). Tutto questo comporterà una modifica della rendita e della categoria, quindi differenti tasse da pagare (Imu, Tari, etc.)
Infine, prima di passare al nuovo utilizzo dell’immobile, bisognerà depositare al Comune il Certificato di Agibilità, a cui andranno allegati i certificati d’impianto etc. Quindi, per ottenere il passaggio, tutti gli impianti dovranno essere conformi alle normative in vigore.

Occorre pagare gli oneri di urbanizzazione?
Quando si costruisce un nuovo edificio occorre pagare al Comune una quota della spesa che l’amministrazione ha investito in strade, acquedotti, fognature, illuminazione etc., attraverso i cosiddetti oneri urbanistici. Il cambio destinazione uso ha per effetto il passaggio da una categoria ad un’altra. Ne segue un differente carico urbanistico (diversi consumo di acqua, di carico nella fognatura, di uso di parcheggi etc.).
Il cambio destinazione uso, anche se attuato senza opere edilizie, comporta l’obbligo di corrispondere al Comune gli oneri di urbanizzazione. In particolare, dovrai pagare la differenza tra quanto avresti dovuto corrispondere per la nuova destinazione e quello che hai già versato per la vecchia destinazione. Questo, solo nel caso in cui la nuova destinazione determini un aumento del carico urbanistico della zona.
Qualora diminuisca il carico, potrebbe configurarsi un cambio di destinazione d’uso “gratuito”.

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